MATURI BASKETTARI. IL RESOCONTO DELL' ANNUALE RADUNO REGGIANO DA PARTE DI UNA PENNA PREGIATA.

E’ successo ancora. Non ci avremmo creduto. Nemmeno l’avremmo più sperato. E invece…

Per un lungo pomeriggio qualcuno ci ha regalato la pace e la serenità, il momentaneo oblio dei malanni del fisico e delle malinconie dell’anima.

Tra facce reggiane, aperte e sorridenti, quelle facce un po’ cosi che abbiamo noi quando vediamo il Cusna, e soprattutto quando sentiamo, nella caldana attuale, il brividino lungo la schiena della brezzolina che scende dalle sue pendici e si infila lieve tra i faggi della peschiera di Pianvallese. Che poi sarebbe una gran bella radura che si apre sopra Febbio, ai piedi del Gigante del nostro Appennino, con al centro i cerchi d’acqua concentrici per l’allevamento delle trote, un occhio luccicante tra il verde, che custodisce una gran memoria.

Memorie di quando tra questi monti abitavano la sofferenza e l’eroismo, ed aleggiava lo spirito tenace e montanaro di una resistenza, e quell’occhio luccicante, la peschiera di Pianvallese, fungeva da punto di riferimento, il bersaglio, per i lanci alleati di rifornimento alla 145esima Brigata partigiana che operava in zona. Memorie storiche.

Memorie più recenti.

Benedetto sia chi ci ha invitato all’annuale Raduno dei Maturi baskettari reggiani, per la prima volta, se proprio volessimo fargli un appunto, che nemmeno sapevamo dell’esistenza di quel appuntamento nonostante il suo svolgimento fosse così vicino alla casa antica delle radici nostre. Nel caso, tuttavia, la gratitudine supera di molto il rimpianto delle mancate puntate precedenti.

Nomi non ne faremo. Erano più di settanta. E correremmo il rischio di dimenticarne qualcuno.

Che bella gente!

 

Certo che il nostro sport qualcosa in più dovrà pur aver dentro, se è in grado di generare amicizie che durano una vita, in servizio attivo e permanente, che annullano il tempo e ridanno il sorriso anche ai prigionieri di un sogno, tra i quali noi ci annoveriamo.

E quel primario? Mi hanno detto abbia giocato soltanto nelle minors, ma non scherziamo, che gran playmaker deve essere stato, se è in grado di appassionarsi ancora ed organizzare una simile giornata-evento per così nutrita squadra. Di come si abbia mangiato, e quanto, poi, manco a parlarne, poiché ci distrarrebbe dai sentimenti. D’altra parte non pensiamo sia necessario ricordare al forestiero come si mangia nel reggiano: quattro diversi tipi di tortelli, polenta e cinghiale, per non dimenticarsi di essere in montagna, scaloppine ai funghi, insistiti cabaret di torte da forno e immancabile ripetuta di zuppa inglese… Può bastare?

E il musico valente che con la sua chitarra, per chiudere in bellezza, ci ha fatto cantare, con al suo fianco la ragazza vestita colorata che le (canzoni) sapeva tutte. Anche noi per la verità, le parole ce le ricordavamo tutte, ma quanto tempo era che non cantavamo… E un’altra ragazza abbiamo guardato, che ci sembrava un viso familiare, ma di chiedere dove non abbiamo avuto il coraggio.

 

E ancora, il grande intrattenitore con al collo la pashmina con i colori (quasi) della pace. E poi la piacevole sorpresa, di ritrovarci con un allenatore a noi caro, che credevamo romano ed invece l’onda anomala del basket ha sospinto a lidi emiliani.

E poi… e poi…

E poi? Non ricordiamo da quanto tempo non stavamo così bene!

Grazie.

Dal Blog di Werther Pedrazzi: "L'Ultima Legione del Basket".

 

 

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